Inno “Terra d’Arezzo un cantico…” Coro anni ‘30
Nella primavera del 1932, a ridosso della nuova Giostra che si ci apprestava a correre, il Vice podestà Alberto Severi scrisse il testo di quello, che di lì a poco, diventerà l’inno della Città di Arezzo. A metterlo in musica ci pensò l’illustre musicista e maestro Giuseppe Pietri e successivamente sarà il maestro dei Musici Pier Alberto Dini ad arrangiarlo per la filarmonica “Guido Monaco”. Il 7 agosto 1932, ottanta fra musici e cantori, intonarono per la prima volta in Piazza Grande “Terra d’Arezzo”, il cantico degli aretini e della Giostra.
Nel dopoguerra prima ancora con il coro almeno fino al 1950. Nel 1951 gli “zelanti” controllori non fecero entrare i quaranta cantori della “Guido Monaco”. Non sappiamo se dall’anno successivo, comunque fino al 1972 l’Inno venne eseguito suonando in disco a suo tempo registrato. Negli anni ’60 Ezio Severi, padre di due sbandieratori, Marco e Paolo, se lo fece registrare su una cassetta audio da Rodolfo Monci (figlio del noto William). Dopo molti anni Severi consegnò la cassetta a Edo Bonucci, che voleva fare un arrangiamento dell’inno da riproporre in piazza a opera dei sbandieratori (cosa puntualmente avvenuta nel 1987). Nell’occasione lo sbandieratore Stefano Bulletti portò la cassetta a Massimiliano Fabianelli che la “ripulì” nel suo studio di registrazione togliendo i fruscii del disco e migliorando la qualità dell’audio.
Sabato 31 agosto scorso, alla cena propiziatoria del Quartiere di Porta Sant’Andrea, grazie alla gentile concessione del quartierista Stefano Bulletti, si è potuto fare un salto indietro nel tempo ed ascoltare la versione originale che ancor oggi fa vibrare il cuore del nostro Popolo aretino.
giesse (si ringraziano: per le informazioni Stefano Bulletti e Saverio Crestini, per il montaggio audio/video Daniele Gelli)
Testo:
Terra d’Arezzo, un cantico salga dal nostro cuore
a te, che luce ai popoli fosti col tuo splendore.
Da quasi trenta secoli parla di te la storia
e mille e mille pagine consacra alla tua gloria.
Galoppa galoppa, o bel cavalier,
tu sei la speranza del nostro Quartier;
col braccio robusto che piega il destin,
trionfa, o gagliardo, del Re Saracin,
trionfa, o gagliardo, del Re Saracin.
Or che risorgon gli animi, d’Italia al nuovo sole,
terra d’Arezzo, esaltati, ché in marcia è la tua prole.
Le mete già sfavillano dinanzi al nostro ardire;
santo è l’amor che infiammaci, più santo è l’avvenire.
Galoppa galoppa, o bel cavalier,
tu sei la speranza del nostro Quartier;
col braccio robusto che piega il destin,
trionfa, o gagliardo, del Re Saracin,
trionfa, o gagliardo, del Re Saracin.