Continuiamo con la seconda puntata per raccontare cabale, scaramanzie e riti propiziatori dei giorni precedenti le Giostre del Saracino, rituali di gruppo per propiziare la vittoria. Qui racconteremo di un personaggio, sconosciuto ai più ma popolarissimo un tempo nel nostro quarto di centro storico.
Il secondo racconto: la lavandaia Lidia.
La Lidia Beoni, nata alla fine degli anni ’10 del secolo scorso (non ci è possibile essere precisi perché era riservatissima su questo fatto!), era la storica lavandaia in via della Minerva. Il suo negozio era all’inizio della via, poco dopo l’incrocio con via della Madonna. Era molto piccolo e scuro come la caverna di una maga e sopra questo aveva la propria abitazione, dalle cui finestre pendevano gli abiti lasciati ad asciugare.
In quegli anni ’80, in attesa della definitiva assegnazione e del restauro della sede di via delle Gagliarde, eravamo “sfollati” al Circolino, ospiti del parroco di san Gimignano don Renato, e la Lidia, vista anche la vicinanza, era la lavandaia ufficiale del nostro Quartiere. Il compito di portare a Lidia i pesanti costumi, particolarmente quelli dei balestrieri, era affidato ai ragazzi più giovani che svolgevano volentieri l’incarico perché divertiti dalla simpatia di verace aretina della Lidia.
Lidia era una donna piccola ma di fisico robusto, brusca ma gioviale, sempre di fretta nel lavoro tant’è che la avevamo soprannominata “Furicchia”; vedova da molti anni era sempre in ordine, con i capelli freschi di parrucchiera e il trucco sempre a posto, indossava un paio di occhiali di quelli anni ’70, molto grandi. Era in pensione ma continuava a fare dei lavoretti per i clienti più affezionati e per noi del Quartiere. Ogni visita al piccolo negozio durava un mezzo pomeriggio tra racconti, risate e battute con lei e le altre anziane che vi stazionavano come antiche comari. Aveva una passione per le gite organizzate e nel suo negozietto campeggiava una foto di lei a cavallo di un ciuchino durante una gita in Grecia. L’altra passione era la Giostra, che seguiva fin dal 1931 sostenendo da sempre i nostri colori.
Quando gli facevamo notare che tenere i nostri costumi appesi ad una finestra al primo piano poteva essere pericoloso per eventuali furti dei nostri avversari, ci diceva seria stringendo gli occhi: “A me ‘un me li toccheno!” Di Lidia, infatti, si diceva che fosse una mezza maga, capace di togliere il malocchio, curare alcuni malanni ecc. Non una maga professionista come la Bonicioli, bensì una maga del popolo, di quelle che esercitavano il loro “dono” gratuitamente. Non so se la cosa fosse vera ma, nel dubbio, preferivamo essere prudenti anche noi.
Ovviamente la Lidia per queste sue probabili doti divinatorie non poteva non essere interrogata sui pronostici giostreschi. Di solito era il Gugo a esordire domandandole cosa avrebbe fatto il Sant’Andrea. La Lidia difficilmente rispondeva in tono perentorio, però non si sottraeva mai alla domanda: come una sorta di antico oracolo iniziava con espressioni facciali, a fare gesti con la mano e ad emettere suoni. Se storceva la bocca, iniziava a oscillare l’indice e il pollice nella tipica forma a L, scuoteva la testa e faceva “mhmmh” il responso era chiaro: la Giostra la vincevano quell’altri! Invece se iniziava a dire “eeh, eeh”, a muovere la testa alternativamente di lato a destra e sinistra con il viso sorridente, il vaticinio era favorevole: avremmo festeggiato una nuova vittoria!
Il bello è che, e ci sono numerosi testimoni viventi, ci prendeva davvero!
Quando era propensa per una vittoria poi, rincarava la dose d’incoraggiamento il giorno della Giostra: al momento che partivamo con tutto il corteo da piazza San Gimignano per raggiungere la chiesa di Sant’Agostino per la benedizione, lei era affacciata alla finestra di casa, sotto cui passavamo, ad aspettarci e a noi, “i su’ citti”, ci stringeva l’occhio in segno di complicità per quanto sapevamo sarebbe poi successo.
A chi gli domandava da cosa traesse i suoi auspici rispondeva: “vado in piazza a guardare!” Noi ci chiedevamo cosa guardasse e la osservavamo curiosi quando, durante le prove, seguiva attenta tutte le carriere.
Lidia è venuta a mancare nel 1997 e da qualche anno aveva chiuso la bottega per la motivi di età. Non ci ha mai rivelato il suo segreto ma, invecchiando penso di averlo intuito: la Lidia non era una maga, era una vecchia quartierista che aveva visto tutte le Giostre dal 1931 e forse, guardando le prove, riusciva a capire che aria tirava per il nostro Quartiere e le reali possibilità di vittoria dei nostri giostratori e cavalli. Non era una maga, semplicemente ci capiva più di noi ragazzini ansiosi di trionfi e, con l’occhio reso obbiettivo dalla saggezza, intuiva quando si poteva vincere e quando no. Era l’antesignana dei tanti commentatori moderni, con però il dono della brevità.
giesse (foto da internet: i lavatoi di piazza S. Agostino)