Gli insegnamenti del 2023 come monito per la grandezza, la conservazione e la valorizzazione della Giostra del Saracino
Il 2023 ormai è stato riposto in soffitta, dove si tengono i ricordi di una vita, e con l’avvento del 2024, sabato si aprirà un nuovo anno giostresco, con quella che è la prima cerimonia dell’anno a riunire le rappresentanze aretine e di Quartiere, l’Offerta del Cero al Beato Gregorio. Un anno importante per tutti i cuori biancoverdi, il 2023, dove gioia e dispiacere hanno camminato a braccetto per quella che, a prescindere dall’andamento della Giostra di Settembre, deve rappresentare una ripartenza per il Quartiere di Via delle Gagliarde. I segreti del trionfo e il monito della sconfitta, rispolverati a dovere, non devono essere dimenticati. Così come non deve essere dimenticato il lavoro di un intero Quartiere, dal gruppo scuderie al Consiglio, dalla squadra tecnica ai collaboratori, dai più piccoli fino al Comitato giovanile, i figuranti e i veterani. Un Quartiere che ha dimostrato la maturità di non farsi accecare dalla Vittoria, così come di non farsi spezzare le gambe dalla sconfitta quando il Cappotto sembrava già prendere la via delle rastrelliere del Museo. Che, per l’ennesima volta, ha dimostrato di sapersi comportare in Piazza Grande così come durante tutto l’anno, con rispetto e fierezza dei propri colori.
La Giostra del Saracino sembra un gioco facile, se non osservato a dovere; certamente complesso e intricato nelle sue pieghe regolamentari, ma facile. Eppure, chi vive quotidianamente la Festa di Arezzo, sa perfettamente quanto lavoro, fatica, sudore, si nascondano dietro pochi secondi di carriera. Un lavoro che culmina con un Cavaliere di fronte a Buratto, ma che è il coronamento di 365 giorni di vita. Sociale e non. Perché anche una singola panca alzata, fa la differenza. Non nel risultato in Piazza Grande, magari, ma nel clima che si crea attorno e dentro il Quartiere. Una lezione che Sant’Andrea non solo ha imparato, ma ha insegnato, precorrendo i tempi in moltissimi di quei più o meno piccoli particolari e dettagli che hanno dato vita alla fotografia odierna e moderna della Giostra e dei Quartieri.
In principio, è stata la Giostra a fare i Quartieri. Ma oggi credo sia giusto e innegabile sostenere come siano i Quartieri a fare la Giostra: a livello tecnico, a livello sociale, a livello cittadino. Il ruolo dei quattro rioni nella vita sociale e quotidiana della città sta assumendo sempre più valore, tanto che non basta più, a mio avviso, inquadrare la Giostra all’interno della sola cornice della rievocazione storica. Un titolo che certo ci onora e che senza pretese o snobismi abbiamo sempre appuntato al petto, fieri delle origini sia nuove che antiche della nostra manifestazione, ma che non basta più a spiegare tutto ciò che circonda e significa la nostra Manifestazione. Che sta diventando sempre più Festa di una città intera.
Lo dicono i numeri, lo dice la passione, lo dicono sedi sempre più vissute durante l’intero arco invernale. Arezzo ha in seno un tesoro immenso, che dovrebbe valorizzare e responsabilizzare sempre più. Senza snaturarlo, conservandone le tradizioni anche più antipatiche agli occhi della società moderna, senza cadere nel tentativo di scopiazzare realtà che hanno tutt’altra storia, tutt’altra origine. Adattarsi ai tempi, non piegarsi, è segno d’intelligenza e segreto della sopravvivenza. Cambiare per attrarre, o consegnare le chiavi del proprio tesoro nelle mani di chi non lo può comprendere, rischierebbe di rappresentare la fine di quel sentimento popolare, viscerale che si sta sempre intrecciando attorno alla Giostra. E ancora più, ai Quartieri. Perché oggi l’amore meravigliosamente sconsiderato per il Saracino, spesso e volentieri nasce proprio in seguito all’avvicinamento a un rione, alle persone che lo vivono, che gli danno un’identità qualsiasi essa sia.
Siamo sulla strada giusta, e dobbiamo in ogni modo evitare che la Giostra segua derive pericolose proprio per la prosecuzione di quel percorso. Un cammino che dobbiamo fare tutti insieme, e che Sant’Andrea ha dimostrato di onorare e rispettare. Ben vengano rivalità, strategie e inimicizie, che rappresentano il sale del Saracino, purché rimangano nel confine del bene della nostra Festa. Ben vengano turisti e appassionati, purché si renda l’immagine della Giostra come quella della Festa di Arezzo, non di uno spettacolino montato ad arte per gli occhi dei curiosi. Ben venga il nuovo e le modifiche, purché queste non vadano a incidere sulla sacralità dei riti consolidati della Giostra, o sulla sicurezza di chi vi prende parte. Certe immagini, certe situazioni, non rendono giustizia all’amore e la bellezza di un popolo verso la sua Festa. Ben venga il 2024, con ciò che ci riserverà la storia. Ma anche con la presunzione e l’intelligenza di comprendere che oggi, la Giostra, merita ancora di più. Per il suo bene. Per il bene dei Quartieri. Per il bene di Arezzo.
Andrea Talanti