Ai confini meridionali del territorio comunale di Arezzo, in splendida posizione panoramica, ancora oggi è visibile un antico fortilizio che – nonostante la fatiscenza – emana un grande fascino.
Stiamo parlando del Castello di Vitiano, meglio conosciuto come “La Torre”, già documentato nel 1098.
Il maniero, a monte della frazione, ebbe tra i proprietari i Da Vitiano che alla fine del XIII secolo furono cacciati e si trasferirono in città, andando ad abitare nel quartiere di Porta Sant’Andrea.
L’apprezzato studioso di storia locale Santino Gallorini ritiene probabile che gli Annales Arretinorum Maiores – fondamentale fonte per ricostruire la storia di Arezzo – furono redatti proprio da uno di loro: il notaio Ser Astoldo di Baldinuccio da Vitiano.
Da tre rami della famiglia nacquero i Perini e i Marcelli – che continuarono a vivere ad Arezzo – e i Dragomanni che invece si spostarono a Castiglion Fiorentino (allora Castiglion Aretino).
I Perini, tra l’altro, dettero il nome a un “canto” dell’odierna via Mazzini, quello all’altezza della casa natale di Giorgio Vasari.
Il Castello di Vitiano fu poi di proprietà dei Tarlati da Pietramala fino alla fine della loro epopea e alla definitiva caduta di Arezzo sotto Firenze del 1384. In seguito passò agli Albergotti, che rimaneggiarono il complesso fortificato realizzando nel Quattrocento la possente casa-torre che ammiriamo ancora oggi, seppur dimezzata.
A quei tempi Vitiano era inserito nel Quartiere della Costa, la porzione di territorio comunale aretino che andava da questa zona fino alla collina di Agazzi (sorta di circoscrizione ante litteram che rimase in piedi fino almeno a tutto il Settecento).
Nel XVI secolo il maniero passò ai Serristori, importante famiglia fiorentina che dette i natali a un personaggio singolare, il conte Cosimo Serristori (1644/1714). Egli trasformò l’ex fortilizio nell’abitazione prediletta. La sua condotta di vita stravagante fece sorgere varie leggende, ma una forte crisi mistica e la vocazione religiosa lo portarono a entrare a stretto contatto con i Padri Filippini, insediati nella vicina Castiglion Fiorentino. Fu a loro che l’8 settembre 1713, nelle vesti di erede unico dei beni di famiglia, donò tutti gli averi tramite testamento.
Quando il 6 maggio dell’anno successivo passo a miglior vita, la Congregazione si ritrovò tra le mani un’enorme ricchezza stimata in circa 500.000 scudi e 500 ettari di terreno, come ci ricorda Giuseppe Alpini in un noto saggio sul Serristori del 2011.
Tra i frutti più famosi di quell’eredità – di cui usufruì anche il vescovo di Arezzo Benedetto Falconcini, che nel 1716 sancì la dipendenza dei Filippini dalla sua autorità – ci furono le somme necessarie per la canonizzazione di Papa Beato Gregorio X e la fondazione del Collegio di San Filippo Neri nell’ottobre 1744 (dall’ottobre 1876 Collegio Serristori), una struttura che offrì fino al 1973 un’opportunità di istruzione di primo livello ai giovani castiglionesi e non solo.
In seguito l’istituzione indirizzerà la sua attività nel campo dei servizi sociali, trasformandosi dapprima in IPAB (Istituto pubblico di assistenza e beneficienza) e quindi in ASP (Azienda di servizi alla persona).
Oggi l’Ente Serristori non è più grado di gestire al meglio il grande patrimonio lasciato da Cosimo Serristori e a farne le spese è anche quello ubicato nel comune di Arezzo, compreso il Castello di Vitiano, che da tempo è a rischio di cedimento nonostante i tanti appelli. Già crollata, purtroppo, è la facciata della piccola chiesa dedicata alla Ss. Annunziata, realizzata nel Seicento accanto alla casa-torre.
Marco Botti